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Bimbo invalido dalla nascita: citato ospedale per cinque milioni di euro

Cosenza

Bimbo invalido dalla nascita: citato ospedale per cinque milioni di euro

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Secondo le valutazioni psichiatriche  sarebbe un caso di “violenza ostetrica”. Mamma sottoposta a parto con ventosa. La metodica “Kristeller” è sconsigliata dall’Oms e vietata in alcuni Paesi

 

COSENZA – E’ la storia di Marco (il nome è di fantasia), venuto alla luce esattamente un anno addietro e rimasto gravemente invalido “a causa di manovre al parto completamente errate e fuori  protocollo. Questo è quanto si legge nella denuncia alla base della richiesta risarcitoria di cinque milioni di euro presentata dal legale della famiglia che ha chiesto giustizia. La neomamma partorì nel reparto di ginecologia dell’Ospedale “Annunziata” di Cosenza. A tale riguardo l’Azienda Ospedaliera avrebbe già respinto ogni addebito. Sarà il giudice, dunque, a stabilire da quale parte stia la ragione. Potrebbe essere, dunque, un altro caso di presunta mala sanità

La madre di Marco – secondo quanto denunciato dai genitori – si ricoverò in condizioni normali per poi essere sottoposta ad un trattamento di parto con ventosa da parte dei sanitari dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Cosenza. Dalla perizia medico legale si legge che “la metodica denominata di Kristeller[1], non acconsentita da parte della neo mamma, avrebbe sicuramente inciso nella verificazione del danno in capo alla stessa partoriente”. Scrive il consulente medico legale a cui la famiglia si è affidata, il quale ha testualmente evidenziato come la suddetta manovra applicata dai ginecologi cosentini è da considerarsi “…vietate ormai nella comune prassi ed espone la madre ed il figlio a conseguenze anche gravi...

Il bimbo, dopo il parto fu trasferito immediatamente presso l’Unità Operativa di Neonatologia di Cosenza. Solo allora, secondo quanto scritto nella consulenza medica, ricevette tutte le cure possibili dai neonatologi che hanno tentato con ogni mezzo di riprendere le numerose criticità cagionate dal parto, non potendo far nulla per evitare il peggio, per poi trasferirlo in un centro ancora più specialistico quale l’Ospedale di Reggio Calabria dove però le disabilità provocate trovarono conferma.

Oggi Marco è ancora degente presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma dalla nascita e continua a lottare per evitare di portare i segni “del giorno della nascita”. I genitori sono stati costretti a far ricorso a psichiatri e psicologi considerato che l’esperienza vissuta ha lasciato segni indelebili. La madre, dal novembre 2017 è in terapia psicocoterapica, per gravi disturbi d’ansia con sintomi depressivi – si legge nel corposo fascicolo presentato in Tribunale – seguenti alla continua riviviscenza dei momenti traumatici, a partire dalle frasi a lei rivolte da parte dei sanitari del tipo “… è la madre che fa soffrire il bambino perché non sa spingereed ai ripetuti, inutili tentativi di inserimento dell’ago per l’anestesia.

Secondo le valutazioni psichiatriche e psicologiche degli specialisti che ancora la tengono in cura emerge che la paziente si è sentita torturata ed ha avvertito, comunque, tutte le percezioni dolorose del parto“…la partoriente si sente in colpa, incapace, impotente. Nonostante tutto continua disperatamente a spingere. Dopo sforzi estremi la paziente si sente esausta, chiede ossigeno, spoglia, la flebo con l’ossitocina è fuori vena, si sente in balia degli eventi” ed ancora “Sono trascorse quasi 4 ore, la mamma ha la percezione di essere in pericolo… si decide di intervenire con ventosa e manovre di Kristeller, dopo altri stenti… il bambino nasce con due giri di cordone intorno al collo… è bianco con le labbra rosse…”.

Il bambino è asfittico e, per poco non muore.

Questa è la storia di una neomamma che si è vista classificare il proprio travaglio e il parto come un vero e proprio caso di “Violenza Ostetrica” (ndr  CTP Psichiatrica) in quanto emergono e verranno confermate dinanzi ai giudici, “oltre che le umiliazioni verbali di cui si è già detto, soprattutto la mancanza di un’adeguata terapia per il dolore, la quale è risultata tardiva ed inutile; l’adozione di procedure mediche coercitive e non acconsentite, ed infine, la totale mancanza di riservatezza della partoriente, la quale si è trovata indegnamente esposta, da sola ed ancora nuda, all’ingresso degli operatori socio-sanitari in sala parto”.

Questo è il ricordo inciso nella memoria della neomamma aggravando la storia clinica con il trauma della separazione madre-figlio negli istanti immediatamente successivi la nascita del bimbo e protrattasi per tutta la durata del ricovero del bambino: “…la separazione dei corpi, l’impossibilità dell’allattamento, la permanenza del neonato per 40 giorni in un ambiente sterile, hanno arrecato alla madre lo sviluppo di una sintomatologia depressiva come reazione agli eventi, nel neonato sensazioni dolorose difficilmente cancellabili”.

 

Copertina: immagine di repertorio

 


[1] La manovra consiste in una serie di pressioni decise verso il basso del canale del parto (nel numero massimo di 3-4) esercitate dal ginecologo con l’avambraccio o con le mani sul fondo dell’utero della partoriente, in sincronia con le contrazioni del travaglio… la manovra di Kristeller oltre a essere molto invasiva è – secondo alcune evidenze scientifiche recenti – priva di indicazioni mediche valide per la sua applicazione; eppure essa viene effettuata da qualche decennio in alcuni Paesi mediterranei come l’Italia o la Grecia, mentre dalla Germania e dai Paesi a cultura anglosassone viene completamente ignorata. In Spagna e Inghilterra è addirittura vietata perché considerata a rischio di gravi… Tra gli esiti avversi più frequenti a carico della puerpera vi sono la frattura delle costole, del coccige e della sinfisi pubica; le lacerazioni profonde della vagina (perineali di terzo e quarto grado), lesioni al fegato e alla milza e le contusioni alle pareti uterine correlate a emorragie del secondamento e del post partum. Al bambino può invece causare sofferenza fetale secondaria a disturbi di irrorazione placentare, frattura della clavicola, fratture e danni cerebrali, emorragia endocranica e lesioni del plesso brachiale. Quello che viene oggi praticato in alcune strutture italiane è dunque uno degli interventi più dolorosi, invasivi e controversi del parto vaginale medicalizzato: sconsigliato dall’Oms, secondo la denuncia dell’associazione di ginecologi “Safety and life onlus” metterebbe a rischio ben il 75% delle future mamme in Italia.

 

 

 

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