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Accusato di maltrattare la compagna, non l’ha mai picchiata: assolto polacco

Si vogliono bene ma la crisi economica e l’alcol generano discussioni e l’uomo finisce in carcere. L’accusa chiede una condanna a due anni di reclusione, ma la difesa dimostra l’estraneità ai fatti contestati e ottiene l’assoluzione

 

COSENZA – Era stato accusato di maltrattamenti nei confronti della compagna sottoponendolo alla misura cautelare della detenzione in carcere. La pubblica accusa durante la requisitoria aveva chiesto una condanna a due anni di carcere. Ma la difesa ha fatto emergere che in realtà la compagna non è mai stata maltrattata e picchiata e che tra i due esiste un legame affettivo profondo e il giudice monocratico, accogliendo la tesi della difesa rappresentata dall’avvocato Fabio Parise ha assolto l’imputato.

La crisi economica porta la coppia a discutere spesso e l’uomo viene accusato di maltrattamenti in famiglia

La vicenda ha visto coinvolta una coppia di nazionalità polacca. I due abitano nel centro storico di Cosenza, nella frazione Portapiana. Nel periodo che va da settembre a dicembre del 2016 attraversano un periodo negativo: non avevano lavoro e spesso litigavano. Molte volte abusavano di alcol e discutevano animatamente, una discussione che generava urla e che avvenivano di giorno e di notte. Le urla, naturalmente, allarmavano i vicini che allertavano le forze dell’ordine. Per ben cinque volte la polizia di Stato o i carabinieri cercano di sedare il litigio. Purtroppo i troppi interventi e le successive annotazioni da parte della polizia si trasformano in comunicazione di reato che finisce dritta sul tavolo della Procura bruzia. Inizia un processo penale per il reato di maltrattamento in famiglia a carico di Corczyk Oktawian 51 anni nei confronti della compagna di 58 anni. Il Gip, all’epoca dei fatti, su richiesta della Procura applica la misura cautelare dell’allontanamento della casa familiare e divieto di avvicinamento dei luoghi frequentati dalla persona offesa.

Viola la misura per stare insieme alla compagna e viene arrestato

Ma il 51enne viola la misura, spesso e volentieri, perché i due continuano a stare insieme. In realtà il 51enne ritorna a casa dalla compagna in primo luogo perché entrambi nutrono affetto e amore e secondariamente perchè non ha i soldi per pagare un doppio affitto. All’inizio ha provato a dormire per strada, da amici o dove capitava; poi è stato costretto a ritornare a casa per questi motivi, violandola misura cautelare applicata. Purtroppo subentrano nuovamente i litigi seguiti dalle urla. Conseguentemente i vicini allarmati chiamano le forze dell’ordine che accertano il 51enne gravato della misura cautelare. Il giudice monocratico De Vuono aggrava la misura cautelare in corso dapprima con il divieto di dimora nel comune di Cosenza. Ma il 51enne persiste nello stare con la compagna e viene nuovamente trovato in sua compagnia dalla polizia. Questa volta il giudice aggrava nuovamente la misura con la detenzione in carcere. Il 51enne scappa e viene rintracciato a Roma ed arrestato. Solo grazie all’intervento della difesa ottiene successivamente i domiciliari concessi nell’abitazione di Portapiana. La 58enne decide di chiedere ospitalità ad un’amica per non creare ulteriori danni al compagno. Il 51enne trascorre otto mesi di reclusione tra il carcere e i domiciliari.

La testimonianza della vittima che scagiona il compagno

La vittima non ha mai denunciato il 51enne; secondo le annotazioni della Pg la donna era impaurita, intimorita, era vittima di uno strato di prostrazione e soggezione psichica che non la rendevano attendibile. Durante l’istruttoria dibattimentale, all’esito dell’escussione della persona offesa e di numerosissimi teste di polizia giudiziaria è emerso che “il copione” era quello di una coppia di nazionalità polacca che attraversava un periodo difficile. La condotta dell’imputato non integrava quella prevista dalla norma intimidatrice; l’imputato ha dichiarato essere vero che alzavano la voce ma perché abusavano entrambi di alcol oppure perché c’era spesso un’amica, con cui bevevano insieme, finendo per litigare ed alzare la voce. La polizia affermava che spesso la donna aveva dei rossori era impaurita ma era una presunzione perché non c’era il certificato medico o una dichiarazione della donna che attestasse di avere ricevuto minacce o di essere stata malmenata e corroborasse e confermasse la versione della polizia giudiziaria.

La tesi della difesa assolve l’imputato

Nel corso dell’udienza dibattimentale tenutasi ieri, il pubblico ministero alla fine della requisitoria ha chiesto una condanna a due anni di carcere. La difesa, rappresentata dall’avvocato Parise, ha fatto emergere che, la persona offesa, dunque la compagna non costituitasi parte civile, ha dichiarato di non sentirsi minacciata e di non essere mai stata picchiata; che sì c’erano state delle discussioni, alterchi dovuti all’attraversamento di questo periodo particolare della loro vita, deficitario da un punto di vista economico; che è vero che il compagno ha un timbro di voce molto forte, ma che non si sente in pericolo. La difesa ha anche fatto emergere che, dalle dichiarazioni della polizia giudiziaria, nessuno ha assistito di fatto ad una colluttazione tra i due. Quindi, si trattava di presunzione del reato da parte degli operatori di polizia giudiziaria intervenuti nei vari episodi. Sempre la difesa ha sottoposto una recente sentenza della Cassazione in cui si stabilisce che, per la configurabilità di questo reato è necessario la sistematicità e l’abitualità delle condotte; quindi, anche dieci episodi isolati non sono sufficienti ad integrare questa fattispecie di reato. Il giudice monocratico ha accolto in pieno la tesi difensiva assolvendo il polacco e disponendo nell’immediatezza la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari

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