Nel nostro Paese meno della metà della popolazione (40%) legge libri. La vendita dei libri in Italia sta diminuendo e la colpa di ciò viene addebitata alla televisione e all’uso del web, ma queste due modalità, utilizzate per ottenere notizie ed intrattenimento, non possono essere ritenute da sole la causa di un simile calo.
La stessa situazione, almeno in questi termini, infatti, non è riscontrabile nelle altre nazioni a noi vicine, dove l’uso di Internet e della TV è altrettanto diffuso. Il motivo principale di questo fatto può essere rintracciato in due elementi, apparentemente in contrasto tra di loro, che rappresentano, a mio avviso, il nostro modo di approcciarci alla vita in generale ed ai libri in particolare, almeno da un po’ di anni a questa parte. Essi sono: la pigrizia, sia fisica che mentale, e la voglia di avere tutto e subito, sia che si tratti di un oggetto materiale sia che si tratti di qualcosa di astratto, come può essere una sensazione o un’emozione.
Entrambe queste due caratteristiche oltre a non confliggere fra di loro, non sembrano confliggere neanche, la prima, cioè la pigrizia, con il desiderio di mantenersi in forma, oggi molto in voga, cosa che prevede la pratica di faticose attività in palestra, e la seconda, la frenesia di ottenere tutto e subito, senza perdite di tempo, con lo spreco che di questo si fa con l’uso smodato dei social.
Se il primo elemento, la cura del proprio fisico, potrebbe costituire un buon substrato per stimolare l’attività mentale e quindi per favorire la lettura, essendo sempre valido il vecchio adagio che recita: mens sana in corpore sano, non è altrettanto di aiuto per favorirla il secondo elemento, lo spreco di tempo sui social. Questo tempo viene, infatti, sottratto allo svolgimento di altre attività come, ad esempio, quella della lettura di un libro.
Un altro motivo per cui gli italiani leggono poco è perché i libri costano molto. La lettura, inoltre, è condizionata dalla capacità di comprendere ed interpretare in modo adeguato il significato di testi scritti. E’ necessaria, in altri termini, una competenza di base capace di garantire la comprensione delle informazioni contenute nel libro: la cosiddetta «literacy». Questa in Italia, purtroppo, è molto bassa, almeno nella popolazione adulta, molto più bassa della media Ocse.
Si innesca in tal modo una sorta di circolo vizioso dove la mancanza di questa capacità di comprensione porta a non leggere i libri e questo fatto riduce ulteriormente tale capacità. Si dovrebbe, quindi, cercare di stimolare la lettura, in tutti i casi, per mettere in moto un circolo virtuoso nel quale essa possa consentire, man mano, l’acquisizione di un minimo di abilità nella comprensione, cosa che aumenterebbe poi la voglia di leggere.
Di questa triste situazione ne abbiamo le prove ogni giorno, quando ascoltiamo interviste imbarazzanti fatte a qualche nostro politico che non riesce a coniugare i verbi o che cerca di sottrarsi a domande alle quali non sa dare risposta. Non solo a domande di cultura generale, ma spesso anche domande che riguardano il suo settore di competenza(!). E’ probabile che questi personaggi, oltre a rientrare in quel 60% di italiani che non dedica tempo alla lettura di un libro, facciano parte di coloro che di tempo non ne hanno dedicato nemmeno all’apprendimento di quelle nozioni basilari che vengono insegnate durante la cosiddetta scuola dell’obbligo.
