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Trote ‘mutanti’, radioattività e un sarcofago di cemento. Dubbi sull’inquinamento ad Amantea

Cosenza

Trote ‘mutanti’, radioattività e un sarcofago di cemento. Dubbi sull’inquinamento ad Amantea

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I FANGHI FOSFORESCENTI E IL SARCOFAGO IN CEMENTO

Coccimiglio scavava buche per poi ricoprirle con del pietrisco prelevato dal fiume Oliva. Il motivo, non ha mai inteso chiarirlo in sede dibattimentale. Ciò che è certo è che, casualmente, le sette zone in cui è stata certificata una gravissima forma di inquinamento del sottosuolo e delle acque circostanti si trovano tutte a poche centinaia di metri dall’azienda dell’imprenditore. Si tratta della proprietà Launi – Marinaro sulla sinistra del fiume oliva al confine tra i Comuni di Amantea e Serra Aiello (1100 metri quadri inquinati), località Foresta demanio fluviale (2500 metri quadri inquinati), località Foresta briglia, località Forestan Rilevato sovrastante briglia (3000 metri quadri inquinati), località Carbonara e Carbonara uliveto (11500 metri quadri inquinati), Fondovalle Fiume Oliva nel Comune di Aiello Calabro e località Giani. A ridosso della briglia del fiume, alla cui ristrutturazione lavorò la ditta di Coccimiglio, le forze di Polizia intervenute nelle indagini hanno attestato, oltre alla fuoriuscita di materiale oleoso iridiscente, la presenza di fanghi verde fosforescente e di un forte odore di idrocarburi.

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La scoperta più inquietante riguarda una sorta di sarcofago in cemento. Un gigantesco cubo trovato in località Foresta a dieci metri di profondità nell’area interessata dai lavori dell’azienda. All’interno del cubo furono trovati rifiuti contenenti altissime concentrazioni di mercurio. Una sostanza che come evidenziato nella perizia della dottoressa De Rosa “si trasforma in un composto particolarmente nocivo che si concentra poi nelle derrate alimentari, particolarmente nei pesci”. Il sarcofago, perforato per gli accertamenti in fase di indagine, non è mai stato rimosso. Attraverso l’ausilio di magnetometri, tomografi, elettrotomografi, carotaggi, sorvoli aerei, rader, analisi chimiche e radiometriche è stata rilevata l’altissima presenza, oltre ai limiti consentiti dalla legge per la tutela dell’incolumità pubblica di: idrocarburi pesanti, antimonio, cobalto, cromo, cadmio, nickel, rame, zinco, mercurio, solfati, nitrati, manganese, ferro, tallio, arsenico, cloroformio, arsenico totale, selenio, piombo, vanadio, stagno, berillio, toluene, clorometano, diclorometano, tetraclorometano, carbonio tetracloruro, cesio 137.

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Sostanze estremamente tossiche, alcune delle quali cancerogene per l’uomo, bioaccumulabili per tutti i comparti ambientali: acqua, aria, terreni, sedimenti e tessuti. Non è ancora dato sapere chi abbia contribuito a creare una bomba ecologica di tali dimensioni sul Tirreno cosentino. Resta però un preoccupante dato di fatto emerso dalla sentenza, la presenza nell’area di: “un consistente quantitativo di rifiuti senza dubbio pericolosi per la salute degli esseri viventi che hanno prodotto e che continuano probabilmente ancora oggi a produrre conseguenze altamente e irreversibilmente dannose per cose, persone, animali e per l’ambiente circostante in senso lato”.

 

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