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Abusivismo edilizio ed erosione costiera, le coste della Calabria cancellate dal cemento da Praia a Pizzo
COSENZA – Una varietà di paesaggi unica, spalmata su 780 chilometri di costa minacciati da residence e impianti industriali.
Dove le aree protette sono un miraggio. Inesistenti sul Tirreno, presenti solo nel crotonese e nel cosentino, sullo Jonio, con l’area naturale marina di Capo Rizzuto e la riserva naturale Foce del Crati. Il mare in Calabria negli ultimi 60 anni è avanzato in maniera esponenziale divorando 8,4 chilometri quadrati di costa. Sul fronte dell’erosione costiera neanche la Campania è riuscita a fare peggio con i suoi 2,2 chilometri quadrati di avanzamento di linea di costa. A testimoniarlo sono i dati cristallizzati dal report publlicato nel 2014 dal WWF ‘Cemento Coast to Coast. Venticinque anni di natura cancellata dalle coste italiane’ in cui viene stilato un elenco delle maggiori criticità dalla provincia di Cosenza a Reggio Calabria.
La deviazione dei fiumi, la cementificazione, il cambiameto climatico, la demolizione delle dune di sabbia hanno fatto arretrare le spiagge drasticamente accellerando il naturale processo di erosione costiera. Il dossier ricorda “le ampie aree costiere occupate da siti industriali, alcuni dei quali – si legge nel documento – dismessi e/o in via di dismissione. Paradossale è il caso dell’area di Saline Joniche, ex area Liquichimica, industria che nel 1973 ha vissuto solo due giorni e successivamente non è più entrata in attività. L’area industriale occupa 700.000 mq ed è estesa per 2 km lungo la costa. Ovviamente durante i numerosi anni intercorsi, l’area è stata oggetto di varie ipotesi di conversione industriale (tra le quali, la più recente riguarda la realizzazione una centrale a carbone!) mentre la natura si è riappropriata della costa e degli ambiti costieri, ripopolando le zone e costituendo un’importante area per le migrazioni dell’avifauna”. Per il recupero del sito il WWF propone di farne un laboratorio europeo di rinaturalizzazione che possa rappresentare un esempio di riqualificazione per tutto il Mediterraneo.
La normativa oggi in vigore a salvaguardia delle coste, la legge Galasso del 1985, per essere efficace secondo gli ambientalisti dovrebbe perlomeno estendere dai 300 metri attuali sino a 1000 metri dalla line di battigia la tutela delle aree costiere. Le nefandezze compiute negli anni ai danni dei litorali calabresi hanno risparmiato pochi tratti di costa. Partiamo dall’Alto Tirreno cosentino. Praia a Mare in un’area caratterizzata da vincolo paesaggistico dal 1970 con lussureggiante vegetazione comprendente anche l’Isola di Dino si evidenzia una vasta urbanizzazione nonchè l’invadente presenza di residence e luna park. Un panorama che si ripropone anche a San Nicola Arcella e Scalea dove insediamenti turistici, camping e stabilimenti balneari sono stati allestiti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico da oltre quaranta anni. A Belvedere Marittimo ci si è spinti oltre, deturpando anche l’antico centro storico, mentre a Bonifati ad essere aggredita da residence e palazzine è tutta l’area panoramica immersa nel verde. A minacciare Cetraro, come Amantea è la nuova darsena per le imbarcazioni, a San Lucido invece le criticità sono legate ai residence ubicati in zone inadeguate.
Sullo Jonio la situazione è apparentemente migliore, anche se a Rossano tra la centrale Enel e gli stabilimenti turistici le coste pare siano a serio rischio. A Mandatoriccio invece, sempre nel cosentino, le preoccupazioni riguardano i nuovi insediamenti che causerebbero danni irreparabili ai fondali di Crosia, Pietrapaola e Cariati. Per quanto riguarda il resto della regione villaggi turistici, nuovi edifici, aree artigianali hanno contribuito alla distruzione di parte delle spiagge di: Curinga, Pizzo, Parghelia, Ricadi, Reggio Calabria, Guardavalle, Isca sullo Jonio, Soverato, Squillace, Simeri Crichi, Isola Capo Rizzuto, Crotone. E le darsene contribuiscono all’erosione costiera nei Comuni di Palmi e Badolato. Per frenare il fenomeno, bisognerebbe provvedere alla “sospensione delle procedure di rilascio di nuove o di proroga delle concessioni su aree demaniali – si legge nello studio del WWF – in attesa di una uova disciplina nazionale che, uniformandosi alla Direttiva comunitaria Bolkestein (2006/123/CE), imponga l’assegnazione delle concessioni, di durata temporalmente contenuta, mediante una pubblica procedura di selezione“. Nonostante ciò per quanto riguarda il consumo di suolo, la Calabria non risulta essere tra le regioni maggiomente colpite. Sullo jonio infatti pare non si superino i 2.500 edifici. Un dato divulgato ieri dall’Ispra che fa ben sperare sulle possibilità di recupero delle coste calabre.

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