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Cesare D’Elia, tre pm indagano su di lui
COSENZA – Il collezionista di denunce. Su Cesare D’Elia, il 28enne arrestato giovedì dagli agenti della sezione antirapina della squadra Mobile di Cosenza, con l’accusa di essere stato, insieme a Francesco Picicco, il secondo autore dell’assalto alla gioielleria “Momwenti preziosi”
di via degli Stadi, avvenuta il 13 luglio scorso, e che fruttò ai due un bottino di 150mila euro, la proocura della Repubblica ha aperto più di un’inchiesta. Ben tre. Un record. Il sostituto procuratore Salvatore Di Maio, infatti, gli contesta la rapina in concorso alla gioielleria, il suo collega Domenico Assumma, gli contesta l’accusa di detenzione a fine di spaccio di 60 grammi di fumo, l’altro pm Maria Rosaria Cerchiara, lo sospetta essere uno dei fiancheggiatori del latitante Franco Bruzzese, considerato dagli iquirenti, uno dei capi storici del clan degli zingari. A questa conclusione il pm è arrivata, dopo che gli iquirenti hanno accertato che la moto (una Yamaha Tdm, ndr) con cui Bruzzese si muoveva in città durante la sua latitanza, è intestata proprio a D’Elia. L’avvocato Cristiano Cristiani, legale di fiducia di D’Elia, ha, insomma, il suo bel da fare per togliere dai guai il suo assistito, finito intrappolato nelle strette maglie della giustizia. L’arresto di D’Elia, come detto, risale a giovedì scorso, quando i “segugi” dell’Antirapina della squadra Mobile, coordinati dal commissario capo, Antonio Miglietta, al termine di una minuziosa attività d’intelligence, hanno identificato nel 28enne, il misterioso complice di Picicco. Mentre Francesco Picicco, (arrestato lo scorso 19 settembre) 24 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, per via di un lungo curriculum delinquenziale, è stato tradito da quella lucertola tatuata sul collo, D’Elia, invece, oltre ad essere “incastrato” dalle telecamere a circuito chiuso, installato nelle vicinanze della gioielleria assaltata, è stato riconosciuto da una delle donne presenti nel negozio di preziosi al momento dell’assalto.
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