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Marlane, nuova inchiesta sulla “Fabbrica dei veleni”: sette persone indagate

La Procura di Paola ha aperto un nuovo fascicolo di indagine sulla Marlane di Praia a Mare, l’ex stabilimento tessile che causò la morte di 107 operai. 

 

PRAIA A MARE (CS) – Una delle più gravi (e oscurate) tragedie del lavoro avvenute nel nostro paese. Parliamo del tristemente famoso ex stabilimento tessile Marlane-Marzotto di Praia a Mare, la fabbrica dismessa dal 2004 che causò la morte di 107 operai. La Procura di Paola ha aperto un nuovo fascicolo di indagine su quella che venne definita la “fabbrica dei veleni”. Sette gli indagati, tutti già imputati nel processo d’appello in corso a Catanzaro, la cui sentenza è prevista per il prossimo 25 settembre.

Si tratta di:

Le parti offese sono in tutto 107, la maggior parte delle quali sono familiari dei dipendenti deceduti. Tutti gli imputati sono accusati di omesso controllo sulla sicurezza all’interno dell’ex fabbrica dei Marzotto, mentre alcuni di loro sono chiamati a rispondere anche di delitto e omicidio colposo.

La storia della Marlane

Lo stabilimento venne rilevato nel 1987 dai Marzotto, storica famiglia di industriali veneti. La chiusura della struttura risale ad anni fa, quando la produzione venne spostata in Repubblica Ceca. Qui vennero prodotte lenzuola, tovaglie e fazzoletti distribuiti in tutta Italia. La fabbrica, situata quasi al centro di Praia a Mare, venne poi gradualmente abbandonata. Marlane oggi significa soprattutto amianto e veleni, di cui fu ricoperto da cima a fondo quello stesso capannone che negli anni ‘60 impiegava circa 400 operai. Infatti, come hanno più volte affermato le associazioni dei parenti delle vittime, la sottile polverina del materiale cancerogeno veniva spazzata via con una pistola ad aria compressa, che però spargeva i frammenti dappertutto. Ma a Praia non vi era solo l’amianto. Nello stabilimento Marlane è stato rinvenuto anche il cromo esavalente, causa prima di leucemie e altri tipi di tumori.

Le decine di decessi per tumore di ex dipendenti dello stabilimento tessile portarono all’apertura di tre diversi filoni di indagine, il primo dei quali risale al 1999. Successivamente sono state aperte altre due inchieste, la prima nel 2006 e la seconda nel 2007. Nell’ottobre 2009 vennero chiuse le indagini e nel novembre 2010 furono rinviate a giudizio 15 persone tra ex funzionari e dirigenti dello stabilimento. Infine le inchieste confluirono nel processo del Tribunale di Paola iniziato ufficialmente il 19 aprile 2011, ma –  a causa di errori di notifica degli atti e legittimi impedimenti invocati dagli avvocati della difesa – subì ben 5 rinvii in soli 10 mesi. Un calvario infinito per parenti e amici delle vittime che per anni reclamavano (e reclamano tuttora) giustizia.

Nel marzo 2015 dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza di assoluzione per i 15 ex dirigenti e tecnici (due dei quali nel frattempo deceduti) imputati nel processo Marlane-Marzotto del 19 dicembre 2014 (avvenuta a ridosso delle sentenze di altri processi per disastri ambientali e morti per condizioni di lavoro assolutamente insufficienti che hanno sempre visto gli imputati assolti per prescrizione o altre motivazioni spesso pretestuose); la procura di Paola ricorse in appello. La sentenza, infatti, suscitò clamore e indignazione per quegli esiti delle perizie che giunsero alla conclusione che non vi fu colpa, che le mancate misure di sicurezza nella fabbrica, nonostante l’uso di sostanze pericolose, non avessero provocato la morte degli operai.

Lo scorso maggio 2016 è iniziato il processo di appello che potrebbe rendere finalmente giustizia alle 107 vittime della “fabbrica dei veleni”. Diciamo potrebbe, visto come è andato il processo di primo grado e la scandalosa sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Il processo si è aperto nella Corte d’appello di Catanzaro, oltre a Pietro Marzotto (di Valdagno presidente della società Lanerossi spa (già Marlane spa) e della manifattura Lane Gaetano Marzotto e figli spa dal 28 aprile 1988 al 23 luglio 1998 della società Marzotto spa dal maggio 1993 al dicembre 1995) sul banco degli imputati 11 dirigenti. La Procura aveva chiesto condanne da 3 a 10 anni.

L’augurio è che tutte le vittime, non riconosciute sia dalla fabbrica stessa che dalle Asl come vittime di lavoro, trovino giustizia e finalmente emerga la verità, fino ad oggi oscurata e volutamente insabbiata.

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