Area Urbana
“O lavori o fai la mamma”: l’ingiustizia subita da Sara, licenziata solo perchè ha un figlio
Prima due richieste di trasferimento, considerate illegittime e discriminatorie dal giudice, poi il licenziamento. Non è un paese per mamme.
COSENZA – E’ mamma di un bimbo di due anni e dal momento in cui ha scoperto di essere incinta, ha dovuto lottare ed affrontare un lungo “calvario”, per conservare il suo posto di lavoro. Ma, purtroppo, come avviene per molte mamme oltre al danno la beffa: Sara Guerriero (la protagonista di questa vicenda), ha avuto il benservito dalla sua azienda, solo perchè ha un figlio. “Due richieste di trasferimento. Due provvedimenti giudiziari a mio favore. Due trasferimenti dichiarati dal giudice illegittimi e discriminatori. E oggi mi è arrivata la lettera di licenziamento”. Licenziamento che è stato concretizzato lo scorso 7 giugno. Ma Sara non è una mamma che si abbatte e ha già preannunciato che: “la storia continuerà ancora nelle aule del tribunale di Cosenza, ho impugnato il licenziamento e farò ricorso. Lotterò, finché potrò, per tutte le Mamme e le donne.”
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo brevemente la sua storia, in cui le parole chiavi sembrano proprio quelle del mobbing e discriminazione. Sara è una giovane lavoratrice di 36 anni, impiegata in una azienda nata a Perugia (dove ha la sede amministrativa). Da sei anni lavorava come segretaria di tale azienda nella sede locale di Cosenza. Poi arriva la maternità e dopo la nascita del suo bambino, solo dopo 12 mesi le inviano la lettera di trasferimento a più di 250 chilometri di distanza. “Gli affari dell’azienda non vanno benissimo, non puoi lavorare più qui, ti mandiamo a 257 chilometri di distanza”. Prendere o lasciare. Questa la motivazione ufficiale. Ma lei non si arrende e tramite i legali, gli avvocati Giuseppe Lepera e Elena Montesano ha presentato ricorso dinanzi al giudice, il quale le ha dato ragione.
Anche l’azienda non si abbatte e rimanda la lettere di trasferimento, con la stessa motivazione. E di nuovo Sara fa ricorso e il giudice del lavoro lo accoglie nuovamente in quanto, dai redditi dell’azienda, non risulta un calo di reddito tale da motivare il trasferimento. Dopo aver vinto il secondo provvedimento giudiziario, l’azienda decide di farla stare a casa con stipendio pieno ma senza andare in ufficio, giusto il tempo di preparare le carte per il licenziamento e darle il benservito lo scorso giugno. “Questo paese – dichiara Sara – dovrebbe garantire più tutele a chi decide di crescere un figlio e al contempo contribuire all’economia della famiglia in cui spesso, un solo stipendio, non basta per la sopravvivenza. Una donna che ha dei figli deve avere il diritto di lavorare. Di essere autonoma e non vedersi sgretolare questo diritto davanti alla faccia. Due trasferimenti da Cosenza a Salerno. Due provvedimenti giudiziari a mio favore. Due trasferimenti dichiarati dal giudice illegittimi e discriminatori. Poi la lettera di licenziamento. No. Questo non è un paese per mamme”.
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