Area Urbana
Bimbo morto a Campagnano, testimoniano i genitori dei bimbi che frequentano la piscina
Nuova udienza per il processo sulla morte di Giancarlo Esposito. Oggi in aula i genitori dei compagni del piccolo.
COSENZA – Avrebbe compiuto sette anni lo scorso 2 giugno, il piccolo Giancarlo Esposito, il bimbo di soli 4 anni morto nella piscina di Campagnano il 2 luglio 2014; il giorno in cui aveva iniziato a frequentare il campo estivo organizzato all’interno della piscina di Campagnano (il cosiddetto programma“Kinder garden”). Mentre non solo non festeggerà mai più il passare degli anni, ma Giancarlo
ancora non ha avuto nessuna giustizia. Il processo prosegue, non si è arrivati a scrivere la parola fine a quella tragedia che portò via il proprio figlio ai genitori e ai suoi cari. Stamattina altra udienza al tribunale di Cosenza che vede sul banco degli imputati Carmine Manna, in qualità di legale rappresentate di Cogeis (Consorzio che gestisce la piscina comunale cittadina) e Franca Manna, Luana Coscarella, Ilaria Bove, Martina Gallo.
Oggi è toccato ai genitori dei compagni del piccolo Giancarlo Esposito, che frequentavano e frequentano la struttura, portare le loro deposizioni. Gli avvocati della difesa (Marcello Manna, Concetta Coscarella e Sabrina Rondinelli) li hanno chiamato a testimoniare (altri sono stati ascoltati dalla Procura rappresentata dal pm Maria Francesca Cerchiara). Al giudice Enrico Di Dedda hanno raccontato che i bambini hanno sempre partecipato volentieri alle attività del “Kinder garden”, l’intrattenimento ludico-motorio che, ogni estate, viene offerto dalla piscina. I genitori hanno manifestato un atteggiamento di fiducia nei confronti della struttura e degli istruttori. Tuttavia sono emerse, nel corso dell’udienza, in due testimonianze alcune contraddizioni, tra quanto deposto questa mattina e le dichiarazioni fornite ai carabinieri nei momenti successivi alla disgrazia.
Gli avvocati di parte civile (i legali Francesco Chiaia e Ugo Ledonne) hanno chiesto ai testimoni se fossero in grado di dire quanti bambini si trovassero in piscina nel giorno della tragedia e se indossassero supporti di sicurezza. Tutti hanno dichiarato di non poter dire di aver visto con i loro occhi dispositivi come braccioli e oggetti simili, ma che dal racconto dei propri figli le dotazioni di sicurezza venivano utilizzate anche in base all’età e alla capacità natatoria dei bambini. Il processo è stato aggiornato al prossimo 19 luglio.
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