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Festival di Venezia: l’Italia apre con ‘Anime Nere’, il primo film girato ad Africo
VENEZIA – ‘Anime nere’, il cuore tragico della ‘ndrangheta; un racconto di violenza e morte girato nelle strade di Africo, in provincia di Reggio Calabria.
Il film di Francesco Munzi ‘Anime nere’ è in corsa per l’Italia al Festival di Venezia, e racconta la cultura criminale legata al territorio e, soprattutto, alla famiglia, alla tragedia e alle divinità della natura. I luoghi sono quelli di Africo, dell’Aspromonte. Francesco Munzi che ha debuttato nel 2004 con Saimir, presentato a Venezia nella sezione Orizzonti. Nel 2008 ha realizzato il suo secondo film, Il resto della notte, presentato nella Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes. Il suo film viene presentato oggi, ed è il primo delle tre pellicole italiane in concorso per la vittoria del Leone d’oro. Dunque l’Italia apre con Anime Nere, una storia di ndrangheta, una storia di cultura mafiosa. Munzi è il primo regista a girare un film a Africo, centro aspromontano in cui la ‘ndrangheta regna sovrana.
Il regista infatti, sulla realizzazione del film ha raccontato: “Ho girato nel paese che la letteratura giudiziaria e giornalistica stigmatizza come uno dei luoghi più mafiosi d’Italia, uno dei centri nevralgici della ’ndrangheta calabrese: Africo. Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo: troppo difficile la materia, troppo inaccessibile, troppo pericoloso. Era un film impossibile. […] Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo si può vedere meglio l’Italia”. Si perchè il film racconta il potere della ‘ndrangheta che ha base in Calabria ma varca i confini nazionali e internazionali.
Trama di Anime Nere
Se nasci in Aspromonte il tuo destino è spesso segnato, ma molti giovani cercano di intraprendere un cammino alternativo e vanno a vivere altrove. Sono però costretti a tornare al luogo d’origine dove le dinamiche sono criminali e l’insegnamento tramandato dalla famiglia, che loro stessi hanno assorbito, è spesso crudele e duro da accettare. Ad una situazione già difficile si aggiungono una realtà familiare fatta di affetti e contraddizioni e un paesaggio straordinario. Una storia incentrata sul male che definisce i rapporto tra gli uomini.
Tratto dal libro di Gioacchino Criaco, ‘Anime nere’ (Rubettino Editore) il film racconta la storia di tre fratelli, figli di pastori. Luigi (Marco Leonardi), il più giovane è un trafficante internazionale di droga, un duro che si sente in tutto e per tutto realizzato. Rocco, milanese adottivo, è quella più borghese fa l’imprenditore con i soldi sporchi della ‘ndrangheta ed è sposato con la borghese Valeria (Barbora Bobulova). Infine, Luciano (Fabrizio Ferracane), il più anziano, l’unico rimasto a Africo a coltivare le sue capre ed è proprio lui che cerca di allontanarsi da quella cultura in cui è completamente immerso e che cerca un riscatto. Leo (Giuseppe Fumo), suo figlio ventenne, è il futuro, ma guarda al passato. E’ uno che crede il padre un debole e così, quando gli capita di poter mostrare il suo coraggio, lo fa con l’impudenza e la stupidita di un ragazzo. Per una banale lite in cui viene messa in discussione l’onorabilità della sua famiglia, Leo comincia a sparare a pallettoni contro un bar protetto dalla famiglia rivale. Poco più di una ragazzata che però fa montare lentamente l’arcaico mondo in cui tutti i personaggi di questa tragedia sono immersi. Divampa l’incendio. Come una macchina del tempo Luigi, Rocco e Luciano, come le loro rispettive famiglie, si ritrovano a dover rispondere a quella cultura di appartenenza in cui è facile venire sopraffatti dalla violenza e dalla morte. Nessuno riuscirà a proteggersi davvero da quella cultura pagana, dionisiaca che li circonda. Nessuno neppure quello che sembra il più sano di tutti, ovvero Luciano che vorrebbe almeno mettere in salvo quel figlio che non lo stima.
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