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Scajola ai domiciliari, la lettera dei familiari: ‘Trattato come un boss’

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Scajola ai domiciliari, la lettera dei familiari: ‘Trattato come un boss’

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ROMA – ‘Claudio Scajola è stato arrestato come il peggiore dei boss, prima del processo’.

In una lettera aperta i familiari dell’ex ministro sfogano la propria rabbia. Maria Teresa, Lucia e Piercarlo Scajola scrivono che il loro marito/padre “è tuttora in stato di custodia cautelare sulla base di fantomatiche accuse di partecipazione esterna in associazione mafiosa, non supportate da alcuna prova e lunari per chiunque ci abbia avuto a che fare anche per una sola ora della sua vita. E’ grazie a questa accusa, già rigettata dal Gip, che si sono svolte le costosissime indagini, fatte di migliaia di intercettazioni telefoniche, pedinamenti, perquisizioni, intercettazioni ambientali. E’ per queste accuse, rigettate e anche risibili una volta aver letto le carte depositate che Claudio Scajola è ancora in regime di custodia cautelare. L’8 di agosto sarebbe scaduto il termine. Il 5 di agosto è stato invece autorizzato il rito immediato per l’unico reato discusso: tentativo – da dimostrare – di procurata inosservanza della pena. Per questo reato non sarebbe prevista la custodia cautelare e probabilmente, anche in caso di condanna definitiva, nemmeno un giorno di carcere, poiché si tratta di una persona incensurata. Ciononostante, Scajola non può riavere la libertà. E i suoi figli, ad ora, devono dormire fuori di casa 5 giorni su 7. Fa rabbrividire la facilità con cui si può arrivare a distruggere un uomo. Noto o meno noto che sia. Ma non vogliamo mai smettere di avere fiducia nella Giustizia della magistratura”.

 

Claudio Scajola intanto resta agli arresti domiciliari. Il gip di Reggio Calabria Olga Tarzia, infatti, ha respinto ha richiesta dei legali dell’ex ministro dell’Interno per la revoca della misura. Una decisione presa contestualmente all’accoglimento della richiesta della Dda reggina del rito immediato per lo stesso Scajola, per Chiara Rizzo ed altre tre persone che il 22 ottobre prossimo dovranno presentarsi in Tribunale per rispondere dell’accusa dei presunti aiuti alla latitanza dell’ex deputato di Fi Amedeo Matacena, adesso rifugiato a Dubai dopo la condanna a 3 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Intanto gli investigatori si stanno concentrando su una chiave Usb e altro materiale informatico, trovato in una nicchia nascosta da un quadro nello studio di Scajola nel centro di Imperia. Materiale che era sfuggito alla prima perquisizione, effettuata contestualmente agli arresti dell’8 maggio scorso, ma la cui esistenza è venuta fuori leggendo i documenti visionati. Sul contenuto c’è uno stretto riserbo, ma fonti vicine alle indagini parlano di materiale “sensibile e delicato”. I familiari di Scajola vogliono però escludere l’esistenza di un “archivio segreto”.

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