COSENZA – ‘Sono stato venduto dalla Chiesa di Cosenza. Dovranno rendere conto a Dio’.
Sono dure le parole con le quali Padre Fedele spiega i contenuti della missiva indirizzata al Pontefice. Una lettera in cui il frate francescano accusato di stupro ai danni di una suora, già ritenuta inattendibile in almeno due processi in cui compariva sempre come vittima di abusi sessuali, urla la propria innocenza. E il proprio dolore. “Sono esattamente otto anni e cinque mesi che boccheggio come un pesce sulla spiaggia senza il mio ministero sacerdotale, – afferma il frate ancora in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione – chiedo al Papa giustizia. E il reinserimento nel mio campo. Il diavolo si sta operando contro di me. La Chiesa mi ha condannato senza processo, questa è crudeltà. E nella Chiesa, purtroppo ci sono persone crudeli. Sono innocente, possono dubitare delle mie parole e credere alla suora, ma un processo andava fatto. Il Vaticano non mi ha mai comunicato nulla in via ufficiale perchè qualcuno ha messo il veto sul mio operato. E’ la diocesi di Cosenza il regista principale di questa operazione. In più non rispondono ai miei appelli, non mi convocano, mi ignorano, solo silenzio.
Si sono forse dimenticati della parabola della pecorella smarrita? Le torture che mi stanno facendo mi avvicinano sempre più a Dio, però dal lato umano soffro: la notte non dormo, il cuore è sempre in fibrillazione, la testa piena di fantasmi, la respirazione arranca. Gesù Cristo disse: ‘Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi, vi condurranno nei Tribunali e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi”. E su di me di cattiverie ne sono state dette parecchie. Satana entra ed esce dalle scalinate della curia arcivescovile di Cosenza. Il Papa ha condannato i mafiosi, ma ci sono sia mafiosi laici, sia mafiosi religiosi. Non bisogna scandalizzarsi. Credo che chi sostiene suor T sia peggio dei mafiosi. Avrei preferito un colpo di lupara a questa tortura quotidiana. Come disse Gesù: ‘Perdona loro perchè non sanno quello che fanno’, nel mio caso però sapevano bene quello che stavano facendo. Sanno tutto. Sanno che sono innnocente. Lo sanno eccome. Lo sanno i frati, i preti, il vescovo e le suore. Mi hanno mandato al macello per ubbidire a qualcuno. Non fa niente, perdono tutti”. La lettera è stata consegnata a Papa Francesco nella spianata di Sibari da una bambina africana.
