Area Urbana
Estorsioni a Cosenza e Rende, condannato anche il ‘pentito’ dei Perna
La Corte di Cassazione si è espressa sull’esito del processo che vedeva il detenuto ‘depresso’ coordinare il racket da Villa degli Oleandri.
COSENZA – Racket e ‘protezione’ in terra bruzia. Con l’operazione Magnete, scattata nell’estate del 2013, a finire in manette vi fu anche la first lady del gruppo Perna: Caterina Palermo moglie del boss Francesco Perna. La donna era accusata di aver svolto il ruolo di tesoriera nel business delle estorsioni. Un’attività che pare non risparmiasse nessuno, dal fruttivendolo al gommista, tra Cosenza e il suo hinterland. Ogni esercizio commerciale, da quanto inizialmente accertato dagli inquirenti pare arrivasse a sborsare sino a 20mila euro l’anno. Senza battere ciglio. Anzi, con tanto di baci, abbracci e strette di mano. L’impianto accusatorio era stato ricostruito grazie ad una serie di intercettazioni ed appostamenti. Nessuno degli esercenti vessati sembrerebbe abbia mai avuto il coraggio di denunciare. Dei trentasette imprenditori taglieggiati in due anni, dal 2001 al 2012, neanche uno ha infatti inteso costituirsi come parte civile nel processo, a parte la Federazione Antiracket Italiana. A sfuggire all’arresto fu, in un primo momento, Sergio Raimondo, 41enne scovato dagli agenti della Questura pochi mesi dopo in una casa di Fuscaldo in compagnia della moglie e del figlio.
Luigi Paternuosto, invece, non fu arrestato nel corso dell’operazione in quanto decise di ‘pentirsi’ e collaborare alle indagini. Da quanto emerso a riscuotere il denaro, che apparentemente veniva poi consegnato alla signora Perna, sarebbe stato Santo Cozza che ‘batteva’ a tappeto la città insieme al ‘collega’ Armando Giannone. Il tutto coordinato da Mario Musacco ristretto agli arresti domiciliari a Villa degli Oleandri. Le condanne inflitte in primo grado ai dieci imputati (giudicati tutti con rito abbreviato) accusati in concorso di associazione per delinquere ed estorsioni aggravate dalle modalità mafiose, erano state confermate dalla Corte di Appello di Catanzaro: assoluzione per Caterina Palermo, Marco Perna, Alfonsino Falbo e Giulio Castiglia; condanna per Mario Musacco (6 anni e 5 mesi), Armando Giannone (4 anni e 3 mesi), Santo Cozza (7 anni e 4 mesi), Sergio Raimondo (6 anni e 8 mesi), Giuseppe Gabriele (6 anni e 8 mesi) e Luigi Paternuosto (3 anni di reclusione). Ieri la Corte di Cassazione ha posto la parola fine al procedimento ha confermato la sentenza d’Appello attenuando le pene per Giuseppe Gabriele (tre anni di detenzione) e il collaboratore di giustizia Luigi Paternuosto (due anni e due mesi di detenzione) .
Social