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Armi chimiche: vapori uccidono in 3 minuti, ma non c’è un piano evacuazione
SAN FERDINANDO (RC) – Vigili del fuoco e cittadini usati come cavie. Un convegno smaschera i retroscena del trasbordo di Gioia Tauro.
A San Ferdinando si è discusso ieri sul trasferimento delle armi chimiche siriane che avverrà a breve nel porto calabrese. Ciò che emerso dai rilievi di tecnici e funzionari è allarmante. Il primo dato portato all’attenzione della cittadinanza è che l’Ark Future è una nave con 37 anni di vita che trasporterà pericolosissime armi chimiche, ma è senza doppia stiva, un dispositivo indispensabile per scongiurare un eventuale sversamento di liquidi velenosi. Il Governo sino ad oggi si è limitato a distribuire brochure informative dichiarando che si tratta di un’operazione di routine di trasbordo da nave a nave. Il tutto ignorando sia le richiese dei sindaci della piana, che hanno rifiutato formalmente che le operazioni avvenissero sulle coste calabresi, sia le preoccupazioni dei vigili del fuoco privati di ogni dispositivo di sicurezza per arginare ogni eventuale pericolo. In una nota gli USB denunciano che “i container, con dentro iprite, sarin e VX, saranno movimentati sul porto e poi caricati sulla nave americana per portarli a largo di Creta per l’idrolisi. Se è un’operazione non pericolosa perché hanno militarizzato il territorio? Perché nessuno si può più avvicinare al porto per verificare le operazioni di trasbordo? Come mai è stato mobilitato tutto il personale dei vigili del fuoco per presenziare per tutta la durata dell’operazione? La prevenzione che chiediamo, bisogna farla nell’interesse della popolazione e di tutte le maestranze che lavorano nel porto e contro questi veleni micidiali visto che eventuali fuoruscite di vapori uccidono in 3 minuti. Ancora oggi non esiste un piano di evacuazione delle popolazioni, non esiste una tenda per la decontaminazione dei soggetti coinvolti, basti pensare che un solo soggetto a contatto con questi veleni ha bisogno di un lavaggio con acqua e sostanze solventi per oltre un ora e non deve essere trasportato in ospedale. Ed il recupero di queste acque come avviene? Non esistono camere iperbariche o ospedali per ricevere gli eventuali contaminati. Per ultimo rileviamo che il personale portuale che sarà addetto alla movimentazione dei veleni non dispone ad oggi, di nessuna protezione individuale, dal momento che gli abbigliamenti personali non servono – nessun medico del comprensorio reggino ancora oggi è stato coinvolto nella “cabina di regia”, che d’altra parte, ci sembra che neanche esista. Ancora peggio per i Vigili del Fuoco che si vedranno costretti a stare in prima linea senza un KIT di autoterapia, da iniettarsi ripetutamente in caso di intossicazione con i veleni, per sperare di salvarsi”.
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