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Resta in carcere Hamil Mehdi: per la Cassazione tanti indizi di comportamenti a rischio di terrorismo

Calabria

Resta in carcere Hamil Mehdi: per la Cassazione tanti indizi di comportamenti a rischio di terrorismo

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La Cassazione conferma la detenzione per il giovane marocchino Hamil, arrestato dall’antiterrorismo a Luzzi nel gennaio 2016.

ROMA – La sola ricerca di informazioni on-line su come addestrarsi a fare il ‘foreing fighter’ pronto a compiere stragi e attentati, non basta per applicare la custodia cautelare in carcere – con l’accusa di terrorismo internazionale – a chi acquisisce questo tipo di notizie perchè altrimenti si limiterebbe la libertà di pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione. Tuttavia bastano pochi altri indizi, anche progetti non andati a ‘buon fine’, per tenere in cella chi naviga spesso su siti ‘jihadisti’ che inneggiato al massacro degli infedeli e spiegano come diventare un buon ‘lupo solitario’. Lo sottolinea la Cassazione confermando la detenzione per Hamil Mehdi, il giovane marocchino di 25 anni arrestato nel gennaio del 2016 in Calabria dall’antiterrorismo di Cosenza. Il processo con rito abbreviato nei suoi confronti comincerà il 6 aprile. Nel respingere il ricorso del difensore di Mehdi contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di Catanzaro nel febbraio dello scorso anno aveva convalidato la custodia, la Cassazione concorda con il legale “che ha ragione nel ricordare che la norma non sanziona la mera acquisizione personale di informazioni, condotta di per sè lecita e garantita dalla Costituzione, bensì l’utilizzo che di queste viene fatto da parte del cosiddetto lupo solitario, per porre in essere comportamenti supportati dalla finalità terroristica, secondo il modello del cosiddetto pericolo concreto“.

Per quanto riguarda Mehdi, la Suprema Corte – con la sentenza 6061 depositata oggi dalla Quinta sezione penale – ha ritenuto comportamenti a rischio di terrorismo il fatto che l’uomo avesse tentato di entrare in Turchia nel luglio 2015 e fosse stato respinto all’aeroporto di Istanbul dalle autorità turche e la circostanza che il suo cellulare era in contatto con un numero belga a suo volta collegato con l’utenza in uso a un magrebino che nell’agosto successivo sarebbe stato arrestato in Francia a bordo di un treno con armi ed esplosivi. Queste circostanze, unite alla ‘navigazione’ per l’auto-addestramento e al collegamento con siti dove venivano mostrate crudeli esecuzioni di ‘infedeli’, il crollo delle Torri Gemelle e via dicendo, sono state giudicate dalla Cassazione sufficienti a convalidare il carcere nei confronti di Mehdi che è stato difeso dall’avvocato Francesco Iacopino che ha dato ‘filo da torcere’ ai supremi giudici che hanno esaminato questo caso richiamando le precedenti decisioni sui ‘simpatizzanti’ jihadisti.

 

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