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Il tracciato della nuova 106 è illegale, distrugge ambiente e storia

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Il tracciato della nuova 106 è illegale, distrugge ambiente e storia

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AMENDOLARA (CS) – Le ditte appaltatrici preferiscono risparmiare tempo e denaro. Ignorati turismo, ambiente e agricoltura.

Se la promozione e la tutela del patrimonio storico di un territorio sono garantiti dalla Costituzione il tracciato della nuova statale 106 è da reputarsi illegale. Il progetto distruggendo il paesaggio ed il patrimonio archeologico pare infatti violare tutte le leggi in materia secondo la paletnologa Del Piano che ha partecipato ad un convegno di denuncia tenutosi ad Amendolara. Il territorio ha bisogno della 106, ma ciò nn può andare a discapito di ambiente e cittadini.

La sostenibilità del progetto è pari a zero. Il territorio ha già pagato” è l’urlo di protesta di Sisci presidente della consulta ambiente del Comune di Amendolara che spiega come l’area sia stata violentata “con la prima SS 106, nel 1930, e poi con la SS106 bis. Siamo contrati ad un’ulteriore cicatrice sul nostro territorio perpetrata con metodi neocoloniali”. Delle cinque alternative progettuali possibili per la nuova 106 pare sia stata scelta quella che mortifica maggiormente il circondario in cui verrà costruita. “Ce n’era una più sostenibile per i territori, ma più costosa. Questa soluzione – ha aggiunto Antonio Laschera del comitato ambientale cittadino – era stata promessa dalla ditta appaltatrice dei lavori ed era stata approvata dai comuni, ma alla fine il progetto è stato stravolto”.

 

Nel corso dell’incontro è stata ribadita la necessita di ridiscutere il progetto pensando ad un raddoppio del tracciato. Il prof. Giuseppe Roma, direttore della sezione archeologica dell’UNICAL ha ricordato che nel tempo la Calabria “ha consentito che i territori venissero saccheggiati dai contemporanei come se fossero gli ultimi abitanti. La cementificazione della costa sul Tirreno negli anni 70, senza grandi proteste, è un altro triste esempio che si aggiunge ai precedenti. Oggi sul tirreno restano macerie ed un turismo povero. Fino agli anni 60 e 70 l’Italia era priva di infrastrutture moderne e cosiddette veloci, eppure il Belpaese era ai vertici per numero di turisti stranieri. Oggi nonostante l’Italia sia stata dotata di infrastrutture veloci e moderne ha stranamente perso  questo primato a vantaggio di altri paesi. Non è, quindi, la velocità di raggiungimento delle destinazioni la condizione di successo turistico dei territori. L’unica possibilità di sviluppo era e rimane la tutela dei paesaggi. I costi veri – ha concluso – sono quelli che pagheranno un domani e per sempre i cittadini, non le ditte”. Anche per il Rettore dell’Università della Calabria Gino Mirocle Crisci non si tratta di un problema di costo, ma di visione del futuro. “Non possiamo consegnare macerie alle prossime delle generazioni. Non c’è fretta – ha chiosato – meglio tenersi le strade vecchie se non vi sono alternative sostenibili e far conoscere la Calabria ai calabresi”.

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