Area Urbana
Liste d’attesa in Ospedale: paziente può curarsi nel privato senza costi aggiuntivi o chiedendo il rimborso
Le lunghe liste d’attesa in Ospedale o strutture convenzionate, spesso costringono i pazienti a recarsi in strutture private. Esiste un decreto legislativo che consente al malato di visitarsi in regime privato senza pagare costi aggiuntivi o facendoseli rimborsare
COSENZA – Ieri abbiamo riportato all’attenzione il problema delle lunghe liste d’attesa per esami diagnostici che si riscontrano presso l’ospedale Annunziata di Cosenza. Per eseguire, ad esempio, una tac o una risonanza magnetica, bisogna aspettare diversi mesi; eppure la legge parla chiaro: il malato ha diritto alle prestazioni mediche in tempi certi, soprattutto quando la patologia è aggravata.
Secondo la legge, infatti, si può attendere massimo 30 giorni per le visite mediche specialistiche e 60 giorni per gli esami diagnostici.
Ovviamente, i tempi si dimezzano se si passa in una struttura privata. Il cittadino spesso si sente dire: “l’attesa è di tre mesi con il Servizio Sanitario Nazionale, tre giorni, in regime privato”, cioè pagando interamente la prestazione. Di conseguenza i cosentini sborsano di tasca propria ciò che il pubblico non garantisce più, ovvero si visita prima chi paga.
Insomma ci si rassegna all’idea che il diritto alla salute non viene affatto tutelato da una sanità pubblica che, tuttavia, paghiamo annualmente con le tasse.
Ma la soluzione c’è, ed anche particolarmente vantaggiosa, eppure sono in pochi a conoscerla, anzi quasi nessuno. Né gli ospedali e le strutture pubbliche dell’Asl ne danno comunicazione ai malati. Il tutto è scritto in nel decreto legislativo 124/1998, (ne ha parlato giorni fa su Rai Uno, a «Tempo e Denaro» l’avv. Angelo Greco).
“In pratica – ha dichiarato l’avvocato – la legge stabilisce il diritto del cittadino a conoscere la data entro cui avverrà la visita medica o l’esame diagnostico nonché il tempo massimo di attesa. Se la prestazione non può essere garantita entro i tempi massimi garantiti per legge, il malato può pretendere che la medesima prestazione sia fornita dal medico privatamente, in intramoenia, senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato.
Il malato dovrà presentare al direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di appartenenza una richiesta in carta semplice per «prestazione in regime di attività libero-professionale intramuraria».
In essa dovrà fornire i propri dati e premettere che:
- gli è stato prescritto un particolare accertamento diagnostico o una visita specialistica (indicando quale);
- il Cup ha comunicato l’impossibilità di prenotare la prestazione richiesta prima della data del… (indicare la data che, come detto, deve essere superiore a 30 giorni per le visite specialistiche e 60 per gli accertamenti come Tac, risonanza magnetica, raggi, ecografie, ecc.);
- la prestazione ha carattere urgente, incompatibile con i tempi di attesa indicati;
- il decreto legislativo n. 124/1998, all’articolo 3 comma 10, prescrive che i Direttori Generali disciplinino i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta e l’erogazione delle prestazioni.
Dopo aver premesso ciò bisognerà chiedere:
- che la prestazione richiesta (visita medica specialistica o esame diagnostico) venga resa in regime di attività libero-professionale intramuraria (o intramoenia, che dir si voglia), con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi del citato decreto legislativo n. 124/1998 articolo 3, comma 13;
- che venga fornita immediata comunicazione in merito.Infine, nell’istanza, il malato dovrà comunicare che, in mancanza di prenotazione in regime di attività libero-professionale intramuraria come sopra richiesta, la suddetta prestazione verrà effettuata privatamente, con preavviso di successiva richiesta di rimborso da parte dell’Azienda.
Insomma, quando la prestazione è urgente ed è incompatibile con i tempi di attesa, il malato si può imporre e chiedere che l’ospedale garantisca la visita specialistica medica in intramoenia senza pagare alcunché oltre al ticket oppure, in assenza, potrà recarsi dal medico privato e poi chiedere il rimborso all’Asl.”
Un esempio concreto lo abbiamo potuto scorgere proprio qui in Calabria, nel comune di Castrovillari, dove un paziente costretto a ricorrere a clinica privata, per una cura che non gli è stata garantita dall’ospedale civile o altre strutture convenzionate; si è fatto rimborsare le spese delle prestazioni sostenute nel privato dal servizio Sanitario Nazionale.
La sentenza. n. 1112/2013 firmata dal Tribunale di Castrovillari, ha ordinato all’Asl provinciale il pagamento delle spese riabilitative sostenute da una vittima di un incidente stradale la quale, grazie a delle costose cure, aveva recuperato parzialmente la facoltà di deambulare.
Per il giudice calabrese il rimborso è riconosciuto anche per quelle terapie che consentono di “elidere o attenuare gli effetti della patologia, se del caso, anche mediante potenziamento delle capacità residue (diverse abilità) del soggetto”. Ovvero per il tribunale ordinario, è possibile ottenere il rimborso, anche solo per prestazioni sanitarie che offrano l’opportunità di migliorare le proprie condizioni di integrità psico-fisica, in quanto ha ad oggetto la tutela di un diritto primario e fondamentale della persona – ossia il diritto alla salute (Cass. sent. n. 2923 del 27.02.2012).
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