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Truffa di San Francesco, chi vigilava? Il ‘boss’ del Santuario: “Sono una vittima. Non devo scuse a nessuno”
COSENZA – I soldi di San Francesco usati per speculare in borsa. E fare ‘regali’ ad ignoti. O meglio, noti solo ai frati.
Un episodio increscioso per l’ordine dei frati del Santuario di San Francesco di Paola dove sono svaniti nel nulla ben un milione e mezzo di euro. Senza che nessuno se ne accorgesse. Neanche chi avrebbe dovuto controllare. Eppure non si tratta di pochi spiccioli. Una vergogna per i frati che professano amore e povertà che si aggiunge alle vicende delle truffe, dei decessi non registrati e dei pazienti scomparsi avvenute nel centro per anziani Papa Giovanni XXIII°. Dalla scoperta dello scandalo ad oggi tra solidarietà ed illazioni i frati ‘dimenticano’ di scusarsi con i fedeli. Ma il reggente del Santuario Padre Rocco spiega: “Non mi devo scusare con nessuno sono io la vittima”. Ad accertarlo sarà la magistratura. Intanto c’è chi continua a chiedersi come sia possibile che una mole tale di denaro si sia volatilizzata sotto gli occhi di economi e di ‘superiori’ che di certo non sono tra i cittadini meno preparati in tema di contabilità. L’organigramma delle gerarchie tra gli ordini francescani aiuta a comprendere chi e come avrebbe dovuto vigilare sulla regolare tenuta dei conti delle casse del Santuario. Ogni comunità religiosa, maschile o femminile che sia, ha un superiore e un economo. Nel caso specifico l’economo era Franco Russo, trasferitosi a Roma per una promozione, lasciando in consegna ai frati paolani il ‘buco’ da oltre un milione e mezzo di euro. Il loro operato è sottoposto ai controlli del consiglio provinciale composto da un frate/madre provinciale, da un economo e dai consiglieri. L’organo nel corso dell’anno ha l’obbligo di verificare le entrate e le uscite della comunità e comunicarle a tutti i frati segnalando l’entità del denaro in cassa tutti i conti correnti e gli istituti in cui sono stati depositati proventi delle offerte. La trasparenza è automatica in quanto ogni movimento è comunicato in assemblea alla presenza di tutti i componenti dell’ordine. Non si sfugge. Meraviglia come né il reggente provinciale, né l’economo provinciale, né il consiglio, né il superiore del Santuario, padre Rocco Benvenuto, non si siano accorti dell’ammanco. Erano allo scuro di tutti i movimenti che avvenivano on line, in borsa speculando con i soldi dei fedeli? Assolutamente no. “Abbiamo investito il denaro, – afferma Padre Rocco – sapevamo che era la soluzione migliore”. Ma perché non denunciare quando ci si è resi conto che vi era qualcosa di anomalo? “Volevamo avere un riscontro preciso – spiega padre Rocco – sapevamo che stava succedendo qualcosa di strano, ma non conoscevamo l’entità del denaro trafugato. Sapevamo che i soldi erano vincolati, ma in realtà non c’era nulla”. Il traffico milionario di denaro risulta comunque essere ben lontano dallo spirito di San Francesco di Paola. Povertà e migliaia di euro in banca non vanno proprio a braccetto. Ma per padre Rocco Benvenuto non è così: “per tenere alto il livello del Santuario bisogna sostenere tantissime spese. Si pensi solo a quanto può costare lavare i pavimenti e tenere in ordine la sala centrale del Santuario dove vengono accolti i fedeli”. Sarà, ma un milione e mezzo di euro, comunque, sembrano, agli occhi dei comuni mortali essere eccessivi per il mantenimento di un santuario. Soprattuto se vengono polverizzati da movimenti effettuati sul web.
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