Lo zafferano a rischio ‘frode’, in Calabria produzione di elevata qualità

Lo zafferano è una spezia ottenuta dagli stimmi rossi dei bellissimi fiori di color lilladella pianta bulbosa chiamata Crocus sativus.

COSENZA – È chiamato anche “oro rosso” per il colore, ma soprattutto per il suo valore sul mercato che la rende una delle spezie più cara e proprio per questo facilmente adulterabile. Esso fu coltivato intensamente in Oriente e nei paesi del Mediterraneo fin dall’Età del Bronzo. Lo troviamo citato nelle opere di Omero, Virgilio, Plinio e Ovidio per i suoi usi come spezia e come colorante, per tingere stoffe. Ippocrate, invece, lo prescriveva per fare impacchi per gotta e per i reumatismi e ai tempi di Aristotele, i suoi oli erano utilizzati in aromaterapia.

Al tempo dei Romani lo zafferano raggiunse la sua fama maggiore essendo utilizzato in svariati modi, dal colorante per miniature all’uso cosmetico per tingere capelli, unghie, labbra e pelli.
Dall’Asia, dove era chiamato in arabo za’-farán’, la coltivazione si diffuse nell’Africa settentrionale e, in seguito, in Spagna. Qui compresero l’importanza della spezia arrivando a proibirne la coltivazione in altri paesi o l’esportazione dei bulbi.
In Italia giunse proprio dalla Spagna grazie a un padre domenicano dell’Inquisizione che portò i bulbi nel suo paese di nascita, in Abbruzzo, dove prese a coltivarla con successo. Da allora fu coltivato non solo in Abbruzzo ma anche in Toscana, in Sicilia (un paese alle falde dell’Etna si chiama, infatti, Zafferana Etnea) e in Calabria.

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Per quanto riguarda la nostra regione è sempre esistita una tradizione agricola della produzione di zafferano addirittura risalente all’età greco-romana. In alcuni testi storici dell’800 è poi confermata la vocazione a questo tipo di coltivazione, con particolare riferimento a Cosenza e allasua Provincia. Si legge, infatti, nel libro di Giuseppe Galanti “Descrizione Storica e geografica del Regno delle Due Sicilie” (1789) che “…la Calabria e più l’Abbruzzo coltivavano un tempo molto zafferano. Oggi se ne coltiva pochissimo nel territorio di Cosenza e sembra essere ristretto al territorio Aquilano…”.
Una conferma arriva poi da un testo successivo del 1844 di Luigi Zucoli “Nuovissima Guida dei viaggiatori in Italia e nelle principali parti d’Europa”, che cita tra le produzioni agricole di Cosenza quella dello zafferano.

Le caratteristiche dello zafferano sono dovute principalmente a tre componenti chimiche: la crocina, che contribuisce alla caratteristica attività colorante gialla; la picrocrocina, un glucoside dal gusto amaro che conferisce il sapore e il safranale che è il responsabile dell’aroma.
Lo zafferano richiede tempo per liberare i principi attivi, per cui è necessario mettere a bagno nell’acqua calda i filamenti prima di utilizzarli, in modo da estrarre gli aromi e i principi attivi. La crocina e la picrocrocina sono dei carotenoidi con ampio potere antiossidante che proteggono le cellule legandosi ai radicali liberi nell’organismo e neutralizzandoli.

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Lo zafferano è ricco anche di vitamine, tra cui A e C, acido folico, riboflavina, potassio, importante per il controllo della frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, manganese e rame utile per i muscoli e ferro, essenziale per la produzione di globuli rossi. Inoltre, ha una forte azione stimolante sull’apparato digerente grazie ai suoi aromi naturali, ai pigmenti e ai numerosi principi attivi e ha un’azione protettiva sulla retina, mentre preparati a base di zafferano sono applicati su ecchimosi, scottature ed escoriazioni.

Oggi in Italia la coltivazione ha avuto diversi riconoscimenti DOP e IGP, grazie a piccole aziende altamente specializzate.La preziosità di questa spezia è legata ai metodi di coltivazione e raccolta, che avviene nelle prime ore del mattino, prima che i fiori si aprano: infatti, per mantenere invariate tutte le loro proprietà, gli stimmi non devono essere esposti ai raggi del sole. Una volta raccolti i fiori, gli stimmi dello zafferano sono prima rimossi manualmente dal fiore e poi messi a essiccare e riposti poi in contenitori di vetro sigillato.

Proprio per il valore di mercato, lo zafferano è da sempre a rischio di adulterazione e frode alimentare. È più difficile adulterare il filamento rosso, mentre il prodotto più a rischio frode è la polvere che più essere mischiata con altre spezie meno pregiate o mescolata con altre parti della pianta o con erbe diverse (curcuma, cartamo o “falso zafferano”, calendula) e con minerali e coloranti sintetici.

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A parte i casi di adulterazione vera e propria, però, bisogna sempre scegliere con attenzione il prodotto confezionato o venduto sciolto nei mercatini, perché è difficile accertarsi della sua provenienza e qualità certificata. Esiste, infatti, una varietà di scarsa qualità della spezia, chiamata Zafferanone, che è mischiata con zafferano vecchio e con sostanze che ne aumentano il peso.

Tra le coltivazioni DOP più famose in Italia vi è quella de L’Aquila, ma anche in Calabria è mantenuta la tradizione, per il momento, nella sola provincia di Reggio Calabria, a Motta San Giovanni. Lo zafferano italiano è un sicuramente un prodotto di eccellenza edè diverso secondo l’area di produzione. Ogni area coltivata, infatti, offre uno zafferano con caratteristiche diverse secondo il terreno, del clima e del metodo con cui è stato trattato.

Lo zafferano calabrese è, a detta degli esperti, una spezia con ottime qualità organolettiche, paragonabile a quella prodotta nelle altre zone italiane, e particolare successo hanno anche i prodotti dell’industria dolciaria e liquoriera calabrese. Una buona ragione allora per pensare che bisognerebbe incrementare e promuovere questa coltura in molte zone della nostra regione che possiedono il clima e i terreni adatti alla coltivazione dell’oro rosso!

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