Ipnotizzati da “Il mago”. L’incipit dato all’articolo non riguarda il mondo degli illusionisti o i maestri della prestidigitazione, è semmai la fotografia di un grande dramma, quello legato a tante persone, senza distinzione di sesso, cultura, età o condizione economica e sociale, finiti nel vortice delle slot machine.
Seppure in molti casi le macchinette dal fascino illusorio di una ricchezza facile siano legali, perché autorizzate e distribuite dalla Sisal, questo non significa che le persone che ci giocano riescano a contenere la loro bramosia di provare a farsi baciare insistentemente dalla dea bendata, da sempre dispensatrice di gioie e soldi ma anche di vertiginosi crolli sia finanziari che psicologici. Sotto le macerie di questi crolli è finita la vita tranquilla di Giuseppe, un impiegato statale in pensione che, nel giro di poco meno di un paio d’anni ha visto sgretolarsi le proprie certezze economiche e personali, finendo per compromettere la stabilità del proprio matrimonio e la serenità familiare e correndo il serio rischio di finire “accalappiato” in un altro pericoloso girone infernale: l’usura. Prima di cedere al fascino delle slot Giuseppe era una persona normale, il classico tutto casa e lavoro, con poche distrazioni: la pizza del sabato sera con gli amici di sempre, la presenza sugli spalti del San Vito durante le partite casalinghe del Cosenza, le passeggiate domenica mattutine con il cane Alex e poi gli adorati nipotini. Tutt’un tratto, però, questa normalità si è rotta, frantumandosi. Solo grazie alla forte amicizia con un prete e al sostegno di uno psichiatra, l’ex impiegato statale è riuscito a vincere la sua malattia da gioco. “Non è stato semplice né facile uscire da questa maledetta droga. Ringraziando il cielo e chi mi è stato vicino ce l’ho fatta. Mi è sembrato di rinascere, di svegliarmi da un incubo. Giocare per me era tutto. Passavo le ore in sale giochi e circoli ricreativi. Sempre lontani da casa mia o dalle persone a me più vicine. Quando tornavo a casa vivevo come se avessi un’incontrollabile smania addosso. Spesso la combattevo prendendo sonniferi, ma quella smania non andava via. Insomma ero come un tossico, andavo in crisi d’astinenza”. Nel ricordare quei lunghi e difficili momenti Giuseppe cambia spesso espressione, il viso si incupisce, muove nervosamente le mani, la voce diventa incerta e a tratti balbettante. Quasi a voler scacciare da sé l’ombra del demonio stringe forte tra le mani una coroncina del rosario. “Me la diede un mio amico prete una sera di tanto tempo fa. Non ricordo né il giorno, né l’ora e nemmeno la stagione. L’unica cosa che ricordo è che a quella maledetta slot consegnai i soldi che servivano per pagare luce, telefono e altre bollette. Per la vergogna non riuscii a tornare a casa. Chiamai la mia famiglia e dissi che avevo ritrovato vecchi amici ed ex colleghi di lavoro e che saremmo andati a cena fuori. Non era vero, quella sera rimasi solo con i miei pensieri, la mia vergogna e le mie paure. Andai a bussare alla canonica del mio amico, mangiammo insieme quel poco che c’era sulla tavola e poi mi sfogai con lui piangendo a dirotto. Fu come una liberazione. Mi disse di avere fede, di credere in Dio e affidare alla sua infinita e misericordiosa bontà la mia anima angosciata. Ho pregato tanto e il Signore mi ha aiutato. Ora sono di nuovo io, ho ripreso in mano la mia vita, ho ricompattato la solidità della mia famiglia e, soprattutto, sono libero dalla droga delle slot”.