Ben undici milioni di euro nelle disponibilità delle cosche di Gioia Tauro, sequestri e sigilli

REGGIO CALABRIA – Le requisizioni scaturiscono dall’operazione che portò a circa 350 arresti tra Italia, Germania ed Australia.

La Guardia di finanza ha eseguito una serie di provvedimenti di sequestro emessi dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria che hanno riguardato beni, riconducibili ad esponenti di cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, del valore di oltre 11 milioni di euro. L’operazione, secondo quanto riferisce la Guardia di finanza, trae spunto dall’indagine nota come “Il Crimine” che ha consentito di fare luce sui rilevanti investimenti fatti dalle principali cosche di ‘ndrangheta in Lombardia. Sulla base di una successiva analisi degli elementi investigativi che sono emersi, i finanzieri hanno accertato una palese sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dagli indagati, tale da non giustificarne la legittima provenienza. Complessivamente sono stati sequestrati 28 beni immobili tra terreni, fabbricati e complessi immobiliari, 17 società, quattro autovetture e varie disponibilità finanziarie. Sono state applicate anche nove misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale nei confronti di altrettante persone accusate di essere affiliate alle cosche calabresi con ramificazioni dal Nord Italia all’Oceania.

 

Il sequestro è giunto a conclusione di oltre 200 accertamenti economico-patrimoniali svolti dalla Guardia di finanza a carico di persone fisiche e giuridiche coinvolte nell’operazione Crimine che ha evidenziato l’unitarietà della ‘ndrangheta. Accertamenti sono stati compiuti anche sui componenti dell’ intero nucleo familiare del “Capocrimine” Domenico Oppedisano, di 85 anni, del “mastro di giornata della Società di Rosarno” Michele Marasco, del “capo del locale di Laureana di Borrello” Rocco Lamari, del “capo del locale di Oppido Mamertina” Antonio Gattellari e del “capo del locale di Bagnara Calabra” Rocco Zoccali. Dalle indagini è emersa la sperequazione tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato. Quindi è stata fatta una nuova e definitiva analisi contabile, che, riferisce la Finanza, ha consentito di evidenziare un eccezionale arricchimento patrimoniale dei proposti, realizzato nel corso dell’ultimo ventennio, conseguendo ingiusti ed illeciti profitti e vantaggi, frutto del controllo del territorio “di competenza” e delle relative attività economiche e produttive. Le indagini, riferiscono gli investigatori, sono state complicate dalla “minuziosa capacità dei soggetti investigati di mascherare la reale intestazione dei beni mobili e immobili e delle attività economiche intestate a terzi, ma da loro gestite da anni”.

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